mercoledì 21 dicembre 2016

CHE STUPIDO CHE SONO



 
ph. Dorothea Lange




che stupido che sono. penso ai miei e alle vacanze che si avvicinano. quando arrivavamo in questo periodo a casa loro, con il nostro picap carico di mercanzie e cani e figli e scarponi infangati e briciole di panini sparsi sui sedili e coltelli buoni per fare i panini citati e una tartaruga in letargo in una scatola di scarpe, mio padre si affacciava alla terrazza e diceva a mia madre: "eravamo scarsi, sono arrivati i kossovari". e rideva. mio padre da un paio di mesi ha deciso di andare avanti e m'ha lasciato una macchina, la sua macchina bellissima. e io ce l'ho sotto casa e quasi non riesco a guidarla ma sono felice di avercela e dentro il portaoggetti ci sono le sue caramelle e Dani dice che si va sedere lì per sentire l'odore di casa dei nonni. la memoria domestica è una tagliola sulla quotidianità e io, che me ne sono andato di casa giovanissimo, mio padre l'ho ritrovato che avevo più di trent'anni e un figlio in arrivo e libri scritti da me da mettere timidi nella sua enorme libreria, quella dove mi sono allenato alle parole. e che stupido che sono dico io. ho portato l'auto a far sistemare un faro, che è vero che mi aggiusto tutto da solo ma questo cazzo di faro è una cosa elettronica di lusso e s'è cimito e allora sono dovuto andare alla concessionaria e ho speso un capitale e ho pensato che era mio padre che mi faceva pagare il dazio del salto di qualità da kossovaro a kossovaro che ruba un'auto bella. e che stupido che sono. ho pagato l'aggiusto senza batter ciglio pure se non mi gira benissimo a soldi e sono salito in macchina e era perfettissima e ho cercato con la mano il telefono che volevo dirglielo a mio padre che avevo fatto aggiustare la sua macchina. volevo telefonargli sul serio. che stupido che sono.



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