Vorrei scriverlo io un bel reality. Degno del nostro tempo e
del nostro respiro oggi. Un bel programma che vi tenga avvinti davanti allo
schermo una volta alla settimana e che vi unisca e vi divida. Qualcosa su cui
spendere parole e partecipazione, una bestia mediatica mutante che s’insinui
nelle pieghe della vostra natura domestica, intima, esclusiva e vi mangi
l’anima e le pupille. Vorrei scriverlo io un bel reality. Una cosa fatta bene,
senza lasciare nulla al caso e al sospetto della menzogna. Me la immagino già
la selezione dei concorrenti. Signorine al bancone della reception ad
accogliere senza emozione questa schiera di aspiranti al nulla pagato a peso
d’oro. A peso morto. Arriveranno nei giorni fissati con tutta la documentazione
richiesta. Saranno cartelle cliniche e radiografie e piaghe da mostrare dal
vivo o quasi. Il festival della purulenza, della calcificazione, della
degenerazione cellulare. Metastasi mostrate come fossero gioielli e quella rara
maledizione di un male che non trova posto nella letteratura medica e ti regala
il privilegio di una pelle fluorescente e di denti che cadono e ricrescono
tutti i giorni. Vorrei scriverlo io un bel reality. Con questa schiera fitta di
malati e minati, in bilico su cuori e polmoni collassati. Ci sarà una selezione
e poi i migliori saranno chiusi in una corsia di un vecchio ospedale. E
settimana dopo settimana, con dispendio di mezzi, le vite dei concorrenti saranno
proposte al pubblico nella loro misera interezza. Naufragi esistenziali e poi
la sciagura del corpo che cede. I parenti saranno invitati in studio e
racconteranno il loro disprezzo e la loro delusione per quelle persone, che
erano mediocrità tagliata a fetta spessa prima del male e poi meschina
richiesta d’aiuto. Vorrei scriverlo io un bel reality dove la pietà sarà
bandita nel nome dello spazio pubblicitario. E non ci metterei una bella
presentatrice, son buoni tutti a mettere al timone di un programma così una
figa con la donna intorno che finge intelletto
nel nome delle sue cosce e basta. No, nel mio reality d’avanguardia il
presentatore sarà un medico, diretta emanazione di quel dottore dei poveri alter
ego di Celine nel suo viaggio al termine della notte. E con lui una commissione
ripresa da quelle che giudicavano gli scemi di guerra o i ragazzi destinati
alle differenziali o che semplicemente curavano imponendo le mani sulle
manopole dell’elettroshock. E non mancherà un prete di una qualsiasi religione
e un mago e un guaritore e un ciarlatano o forse uno varrà per tutti gli altri.
Puntata dopo puntata si rimanderanno nel loro letto a casa i concorrenti scelti
dal pubblico e solo uno resterà e vincerà. Vorrei scriverlo io un bel reality
dove il vincitore avrà il privilegio dell’eutanasia, applicata davanti
all’immensa platea da casa che applaude. Vorrei scriverlo io un bel reality e
lo intitolerei “Il grande fardello”.